IL SIMBOLISMO VANDELLIANO: L’IMMERSIONE DELL’IO NEL COLORE

di Riccardo Toffoli

Un bambino è quel filo conduttore che lascia che la sua anima traspaia senza distorsioni, un bambino è quella creatura che disconosce il tempo, e che dimentica del buio, si ciba di gioiosa immaginazione.
Marcello Vandelli fu un bambino eppure, nel guardare la sua produzione artistica, l’impressione che si ha e che a sessantadue anni quella piccola figura rimarrà eterea continuando in maniera non troppo silente a primeggiare, rincorrendo il mondo con la curiosità negli occhi, con l’entusiasmo di chi ha conosciuto la semplicità ma di contro, anche la lussuria e le vorrebbe entrambe preservare.

Marcello Vandelli nasce figlio unico ma proprio questa solitudine, diverrà il suo più grande propulsore. Chi ha avuto il piacere di conoscerlo, ed io l’ho avuto, rimarrà molto colpito da una libertà mentale che ha forgiato non soltanto la persona ma anche il suo stravagante ma sempre coerente, modo di operare. Arrivare a personalizzare un movimento artistico non è un discorso semplice, è qualcosa che trascende qualsiasi tipo di collocazione si tenti di potergli dare ma che in Vandelli, trova stranamente spazio affermandosi in modo del tutto naturale.

“Quando si parla del Maestro Vandelli non ci si può esimere dal considerarlo un artista simbolista, sebbene il simbolismo Vandelliano vada interpretato in una chiave del tutto diversa da come siamo soliti fare. Il simbolismo è una corrente artistica e letteraria sorta in Francia e diffusasi in Europa sullo scorcio del XIX secolo caratterizzata, in opposizione al realismo ed al naturalismo, dalla tendenza a non rappresentare fedelmente il mondo esteriore ma a creare piuttosto il mondo della suggestione fantastica dei sogni mediante l’utilizzo di allusioni simboliche. Gli artisti ricorsero ad esso con il chiaro intento di superare la pura visività dell’impressionismo in senso spiritualistico, cercando di trovare delle corrispondenze tra il mondo oggettivo e sensazioni del tutto soggettive.

Le opere che ne derivavano erano pertanto destinate ad un pubblico colto ma con Vandelli, la sapentia non basta perché se di simbolismo Vandelliano vogliamo parlare, dobbiamo aver bene in mente che questo trascende ogni canonica considerazione. A Vandelli piace osare e riesce a farlo libero da preconcetti e costrizioni tanto da ricorrere al simbolismo proprio per introdurre nelle sue opere la sua stessa figura. Ed è tutto questo a renderlo inconfondibile,
riconoscibile tra centinaia di artisti del mondo contemporaneo, configurandolo come indimenticabile ed intramontabile genio del nostro tempo” affermerà lo storico e critico d’arte Marco Grilli.

Un simbolismo autobiografico e del tutto personale quello palesatoci, in opere di notevole impatto cromatico ma che lungi dal distrarci ci faranno invece sorprendentemente interrogare.

Un bambino che si divide in due a causa di un grande dolore, sicuramente legato alla improvvisa morte del padre, nell’opera dal titolo “La Solitudine” in effetti ci fa ben comprendere come, al di là dell’effetto visivo ciò che colpisce è il messaggio intrinseco che l’osservatore riceve e che ha la silente potenza di distaccare tutto il resto.

In un dipinto dal titolo “I morti non muoiono mai” Vandelli dipinge se stesso al di dentro di una bara, nell’atto di sollevarsi per guardare le gambe di una donna con in mano un mazzo di fiori. Una provocazione costante la sua, al mondo ed alle sue innegabili insidie, che lo consegnerà a quel tempo al quale Vandelli non ha mai creduto e che oggi, ma credo anche in futuro, la sua poliedrica produzione artistica sempre ci farà ammirare.