di Antonella Bonaffini – 9 settembre 2021
Basta aprire la pagina di un qualsiasi giornale o seguire sui social alcuni gruppi per aver chiaro che tra chi da sempre lo sostiene ed i no vax è davvero guerra. Ciò che colpisce è la violenza del dibattito, sia in una che nell’altra direzione. Il confronto costruttivo sembra disconoscere ormai ogni regola. Abbondano i tuttologi, i gratuiti dispensatori di un sapere che non si capisce dove però poggi in effetti le sue basi. Tutti sanno tutto e dall’alto di questa consolidata conoscenza, elargiscono consigli utilizzando atteggiamenti che ignorano i se ed i ma e che si concretizzano in comportamenti privi di ogni senso civico. Non ci si confronta più, ci si insulta solamente.
Ma il virus non avrebbe dovuto insegnarci qualcosa? Sono ormai lontani i tempi in cui, tutti insieme, si cantava sui balconi, alla ricerca di quella solidarietà umana che il virus aveva fatto il modo noi potessimo avvertire. Sono lontani i tempi in cui quella cieca paura ci divorava, chiusi ognuno nelle proprie case, lontano dai propri affetti, sono lontani i tempi in cui, forse, avremmo potuto davvero prendere coscienza del fatto che morire è un attimo, confrontarci con noi stessi e comprendere che vivere, avrebbe forse meritato degli sforzi comportamentali ulteriori.
E se i telegiornali non fanno altro che parlare di terapie intensive che abbondano di persone non vaccinate, di contro, molti sono gli episodi di decessi che sembrano essere una conseguenza, a dire il vero non troppo annunciata, della vaccinazione stessa. A Messina, si indaga sulla morte di due infermieri che sembrerebbe esser correlata al vaccino. Morti sospette, di pazienti che i medici di famiglia hanno definito « persone perfettamente sane» che destano dubbi che si confondono al terrore. Ed allora non si riflette più, ci si arrabbia solamente, puntando il dito senza sentir motivazione, come se lo scontro fosse diventato il solo mezzo per scaricar la frustrazione.
Ed un aiuto non arriva del resto neanche dal mondo politico, che non individua alcuna via di coesione neanche di fronte alla pandemia, neanche di fronte alla morte. Si acclama a gran voce un’obbligatorietà vaccinale che a parer di molti porrebbe tutti in una condizione più sicura arginando i ricoveri ma le manifestazioni di chi proclama il proprio stato di libertà si succedono ad oltranza, nel tentativo di denunciare la «non sicurezza» di quanto è stato sperimentato velocemente, troppo velocemente e che non può esser identificato come la sola soluzione.
Ed intanto spopolano le varianti, che riportano i nomi delle lettere dell’alfabeto greco, dall’alfa alla lambda, trasmettendoci la percezione che di nulla possa più esserci certezza. Il vaccino può coprire una variante ma rivelarsi inefficace dinanzi ad un’altra. Ed allora, se anche un vaccinato può ammalarsi, perché correre questo inutile rischio? continuano a scrivere i dissidenti. Eppure, si moltiplicano anche i casi di chi al vaccino non ha mai creduto ma si è ritrovato poi a dover combattere la sua ultima battaglia in una terapia intensiva, confermando quanto molti virologi avevano affermato « il Covid non lo conosci sino a quando non lo vivi. È un ospite indesiderato che entra dalla tua porta senza chiedere il permesso e che ti annienta, non dandoti neanche il tempo di pensare « ed io credo basti solo questo per valutare il potenziale rischio ed iniziare seriamente allora a meditare.